È stato leggermente amaro, ahinoi, il rilassante e consueto caffè domenicale, consumato come sempre, fra due piacevoli chiacchiere in compagnia, il solito cellulare, che s’insinua ovunque e comunque, e gli immancabili giornali.
Di fronte a noi, immersi nei loro progetti ed in sogni più o meno lontani e disillusi, quattro giovanissimi studenti prossimi al diploma.
Evidentemente.
Ma già visibilmente preoccupati di ciò che li aspetta. Anzi, di ciò che non li aspetta.
I loro discorsi, più o meno simili e condivisi, scivolano via fra dubbi, incertezze, ansie e paure.
Cosa fare dopo il diploma?
Che ci crediate o no, che vi piaccia o no, la parola laurea, non è stata mai pronunciata.
Accantonata, o forzatamente sostituita dalla parola lavoro.
Ma non finisce qui.
Perché i quattro ragazzi non parlano di Crotone e di Italia, come avrebbe dovuto essere, cioè di futuro nella loro città, la loro patria, ma di Germania, e delle ottime e reali possibilità che questa offre. Oggi piu di ieri.
Si sono già informati, e sanno bene che potrebbe essere la scelta giusta.
Di sicuro non quella desiderata ed inseguita, ma molto probabilmente quella che garantirebbe loro un futuro concreto, visibile e pieno di certezze.
L’esatto contrario di quello che li aspetterebbe a Crotone.
Perché qui non si sta soltanto parlando di Università, che non esiste, ma soprattutto di occupazione, divenuta ormai entità astratta, misteriosa e privilegio di pochi.
Tutti lo sanno, ma nessuno muove un dito, o un neurone.
Che ne sarà di quei ragazzi, dei nostri giovani, dei nostri figli?
Migranti per studio e migranti per lavoro.
Figli di una città che amano, ma che non ricambia.
Diciamocelo, Crotone non è una città per giovani, sotto tutti i punti di vista: spazi verdi e ricreativi, locali, divertimento, e soprattutto possibilità di frequentare l’Università a casa, insieme magari ad un lavoro.
Chissà se tutto questo un giorno diventerà normalità, cancellando e dimenticando per sempre l’impietosa immagine di città ambientalmente malsana, sporca, città dormitorio e di passaggio.
P.S. Non ci inventiamo nulla.
La conversazione “rubata” è vera, la realtà purtroppo pure.
E le giriamo a chi, prima di ogni cosa, pensando e disegnando il futuro della città, dovrebbe avere come priorità e nel proprio programma, i giovani. Tutti.
C’era amarezza e delusione negli occhi di quei quattro ragazzi stamattina.