Riceviamo e pubblichiamo
Per esigenza di chiarezza, ci preme ricordare che nel perseguire la finalità della difesa del promontorio magno-greco, in particolar modo dall’ aggressione subita dal Marine Park Village, il comitato “Scifo e promontorio lacinio” costituito da singoli cittadini e di seguito da associazioni che hanno condiviso gli esposti, non possono non ritenere valida la tesi della Procura riguardo le responsabilità dei committenti del Villaggio per vari elementi messi in evidenza dagli esposti stessi, dopo un’ attenta analisi degli atti del Comune.
Come già detto durante la conferenza stampa precedente, non entriamo nei dettagli tecnici e giuridici del provvedimento del gip, che non ci competono, ma semplicemente in modo democratico, avendo analizzato gli atti che riguardano l’ iter procedurale che ha condotto al permesso a costruire il Villaggio e consapevoli di situazioni ormai note, non riteniamo probabile la tesi della “buona fede” dei committenti del Villaggio per i quali un procedimento amministrativo è stato forzato più volte negli anni e a da più soggetti. Lo stesso ufficio legale del Comune di Crotone, nel 2014, riteneva come unica soluzione possibile la revoca del permesso a costruire. Già solo la mancanza di requisiti per ottenere la qualifica di imprenditori agricoli (infatti poi ritirata), come l’ essere persona dedita all’ agricoltura e avere dall’ attività agricola una rendita superiore rispetto a quella ricettiva, è qualcosa che dimostra come si siano voluti aggirare fin dall’ inizio degli ostacoli. E’ difficile anche credere che più amministratori pubblici abbiano forzato in svariate occasioni delle procedure per semplice incompetenza o per solidarietà nei confronti dei committenti del villaggio. E’ anche difficile credere che in modo distratto, casuale o per rinnovata solidarietà al progetto, una soprintendenza abbia cambiato rotta e consuetudine, concedendo solo dopo il primo sequestro del villaggio un parere favorevole per una determina del dipartimento ambiente della regione (con cui si sminuivano le responsabilità dei committenti), parere che oltre a realizzarsi in un secondo tempo rispetto al sequestro per sanare un abuso, era completamente “innovativo” rispetto a quanto solitamente in quella zona veniva consentito, soprattutto poi se si considera che i lavori permessi con questa determina (“sanatoria”) riguardano l’ enorme deturpamento della collina e della macchia mediterranea di un’area marina protetta e di un sito di interesse comunitario con lunghi terrazzamenti su demanio marittimo.
Quindi, pur nel rispetto degli organi istituzionali, considerando gli elementi di cui sopra e gli ulteriori elementi elencati negli esposti, ci sembra abbastanza arduo parlare di buona fede.
Rimaniamo comunque in attesa di sviluppi con fiducia nei riguardi della magistratura e della procura.
Comitato Scifo e Promontorio Lacinio